Lo sbarco avvenuto questa mattina all’alba presso la Playa di Catania è un’altra tragedia che accompagna quasi costantemente le nostre estati e le nostre belle giornate di sole. Gente che scappa dalla fame, dalle guerre civili, dalle persecuzioni. Persone che, pur di portare la propria famiglia in salvo, rischiano questa traversata pericolosa, ben sapendo che alcuni di loro quasi sicuramente moriranno come è successo oggi, ancora una volta. La parola chiave è persone, non immigrati, non rifugiati, ma persone che sono sulla coscienza della politica che non preme sull’Europa per cambiare approccio alla questione. Persone che sono sulla coscienza di un’Europa e di un mondo cosiddetto civilizzato che continua a sfruttare il terzo mondo come supermercato per vendere armi, come manodopera sfruttata a pochi euro all’ora per i lavori più umili. Un’Europa, presso le cui nazioni di questi nostri vicini, pur avendone il dovere morale, non interviene per portare sviluppo e crescita. La politica dovrebbe prendere maggiormente in mano la situazione ed avere il coraggio di gridare che questa Europa delle banche, delle fredde politiche dei conti non ci rappresenta e che noi vorremmo un’altra Europa, quella solidale al suo interno e all’esterno. Un’Europa che era il vero sogno di Altiero Spinelli, l’Europa dei popoli
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karim.hannachi@gmail.com (domenica, 11 agosto 2013 11:57)
Arriverò comunque
Sfuggo dalla siccità, dalle privazioni
dalla fame,
dalle guerre civili e incivili,
dall’inferno,
da una terra senza futuro e senza sogni.
Vendo il mio corpo
a poco prezzo,
a chiunque,
per comprare un sogno.
Dopo duemila chilometri di sabbia,
di sole e di freddo,
di cimiteri,
il sogno annebbiato e confuso
s’intravede all’orizzonte,
mentre sull’altra riva
iniziano i festeggiamenti del Natale.
Ora, coperta da un lembo di cielo,
sto attraversando quel lembo di mare
che separa il sogno dalla realtà,
l’inferno dal paradiso,
gli uni dagli altri,
noi da loro;
che separa l’Africa dall’Europa
e l’Oriente dall’Occidente.
Sto attraversando quel maledetto Mediterraneo,
cimitero della libertà,
fosse comune per nascondere la vergogna della civiltà,
discarica del vostro benessere,
e fonte delle vostre delizie.
Sto attraversando l’ultimo ostacolo
di questa folle corsa ad ostacoli
con altri quaranta sognatori,
su un vecchio gommone
che può portare solo dieci,
in balia alle onde.
Ma i nostri sogni non temono le onde
e nemmeno i cimiteri.
Non importano la sete e la fame,
non importano le sofferenze,
domani saranno lontani ricordi.
Non importano le ferite,
domani saranno cicatrici.
E comunque,
i morti non hanno paura della morte.
Domani o dopodomani arriverò da voi
per raccogliere i brandelli del mio corpo,
per rinascere
e incominciare a scrivere la mia vera storia,
e forse per condividere con voi il paradiso,
o almeno la cena di Natale.
Ad un tratto,
mi trovo avvolta nelle tenebre profonde
illuminate da mille occhiolini luccicanti
che iniziano a fare festa del mio corpo
prima di finire sui tavoli della vostra festa.
(Abdelkarim Hannachi, 15/10/09)
Luca Lecardane (domenica, 11 agosto 2013 17:35)
poesia bellissima grazie per averla scritta sul blog