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Da dove partire per la costruzione di un partito della Sinistra

La sinistra in ogni sua forma, comitati, associazioni, partiti... non può pensare di creare un soggetto politico unico dall'oggi al domani come se andasse dal notaio per stipulare un contratto. Da troppo tempo divisioni hanno colpito la sinistra italiana, così come troppe diversità di prospettive vi sono state nel tempo per essere così facile la creazione del partito unico. Dall’altro lato non si può pensare ad una sinistra ancora divisa a lungo se si vuole ridare prospettiva ad un’area politica che ha il dovere di rappresentare principi generali di giustizia sociale, fratellanza e libertà. Per essere innovativi nella creazione di un partito unico non si può partire dagli organigrammi, non si può pensare che sia una fusione di gruppi dirigenti o di partiti, bisogna avere il coraggio di partire da zero, i dirigenti devono avere il coraggio di fare un passo indietro a tutti i livelli. La Sinistra deve partire dalla Politica e dal come si sta insieme.

Partire dalla Politica significa individuare i temi e le battaglie che uniscono, fare vivere insieme l’unità nelle piazze tra la gente, parlando con le persone ed alle persone sui grandi temi come la Tav, ma anche sui piccoli temi come la pulizia di una villa o il recupero di un edificio abbandonato. Solo così si esalteranno i punti di contatto tra anime, sensibilità diverse.

Sulla questione del “come si sta insieme”, premesso che bisogna abbattere i muri tra le diverse anime e che nessuno si può permettere veti, bisogna utilizzare la democrazia partecipativa e deliberativa per coinvolgere tutti nella costruzione di programmi e per ampliare la classe dirigente. Noi di Net Left lo stiamo facendo nella costruzione dei circoli. L’epoca dei partiti di massa, con quei processi di mobilitazione tipici del modello, è stata superata, negli ultimi anni dal modello del partito plebiscitario-leaderistico. Tale modello ha prodotto un distacco dei cittadini dalla vita dei partiti che si è riflesso nel continuo aumento dell’astensionismo alle elezioni.

Un partito, per eliminare la tendenza dell’allontanamento dalla vita democratica dei cittadini, deve puntare alla partecipazione ed al coinvolgimento non solo esterno (campagna elettorale) ma anche interno (partecipazione alla vita del partito).

Un dei filoni del pensiero democratico contemporaneo può aiutarci nella risposta: quello della democrazia partecipativa e deliberativa.

La questione del distacco tra cittadini e partecipazione alla vita dei partiti deve essere affrontata innanzitutto partendo dalla questione della democrazia interna

Il modello leaderistico-plebiscitario comporta il fatto che il leader risponda solo a coloro i quali lo hanno scelto, al contrario dobbiamo pensare ad una concezione della leadership che renda conto costantemente e risponda delle proprie scelte e dei propri orientamenti agli organi democratici rappresentativi di un partito da cui è stata eletta, senza che questo feedback abbia dei risvolti eccessivamente burocratici e senza che questo confronto costante limiti l’azione dei coordinatori o segretari che dir si voglia.

Bisogna costruire la possibilità di una partecipazione larga e diffusa con l’esistenza di sedi e procedure permanenti di confronto politico e discussione, creando nuovi canali e nuovi strumenti di partecipazione, organizzazione e mobilitazione, integrando i vecchi sistemi partecipativi con quelli messi a disposizione dalle nuove tecnologie.

Bisogna, ovviamente, tenere conto dei tempi della comunicazione in politica e non sempre quindi si possono aspettare dei tempi lunghi.

Proprio per questo bisogna distinguere tre livelli di azione strategica, ognuna contraddistinta da diverse procedure:

Il primo, più generale, è quello definito dall’insieme dei valori e dei principi costitutivi di un partito. E’ la cornice generale, su cui si esprime un’adesione generale alle “ragioni” di un partito, alle sue finalità storiche, alla sua “missione”, ai suoi “ideali”. Questa cornice non è soggetta ad una ri-discussione permanente e non ha bisogno di una costante opera di ridefinizione (ad esempio un partito di sinistra è contro il razzismo);

Il secondo livello è quello che definisce l’orizzonte politico-strategico di breve e medio periodo di un partito: i principi programmatici generali, sulle diverse e principali aree di policy; la “linea politica” in materie di alleanze, le scelte di strategia elettorale, ecc. Qui, un grande ruolo spetterebbe agli organismi rappresentativi di direzione politica espressi dal congresso: riunioni e discussioni periodiche, che permettano di misurare opinioni e orientamenti presenti nel partito. Anche su queste scelte è possibile, o necessario, che si esprima quella che possiamo definire una più larga “opinione pubblica del partito”, attraverso riunioni degli organi dirigenti periferici e assemblee di base, e attraverso –anche in questo caso –luoghi e sedi di dibattito, che magari non potranno avere ricadute immediate sugli orientamenti degli organismi rappresentativi, ma possono nondimeno creare un “clima” di opinione su cui misurare il grado di condivisione che la “linea politica” del partito riceve.

Il terzo livello è quello che riguarda il processo di elaborazione delle specifiche politiche di un partito. Un partito vive di un’azione permanente di proposta e di elaborazione su un insieme di questioni, anche “minori”, su cui si misura la sua capacità di entrare in contatto e intercettare la domanda politica che emerge dalla società. Naturalmente, risultano qui decisive le fasi e i tempi del processo decisionale: un partito non può essere un forum permanente,deve produrre proposte di policy con la necessaria concretezza e la giusta concisione dei tempi della decisione. Un partito che si ispiri ad una visione deliberativa della democrazia costruisce le condizioni perché si possano strutturare e organizzare rigorosamente le fasi e i momenti dell’elaborazione programmatica e perché queste possano vedere il più largo coinvolgimento possibile dei soggetti che risultino, a vario titolo, interessati. Ma la condizione essenziale è che la possibile partecipazione avvenga in una fase preliminare del processo, quando ancora sono possibili diverse opzioni, quando opinioni e giudizi dei partecipanti si possono formare e trasformare, costruendo contesti dialogici strutturati, che permettano di valorizzare l’apporto di tutti i punti di vista. Un’informazione corretta (la definizione del problema, i dati necessari ad una sua corretta formulazione, i dati necessari per una corretta valutazione dei costi e dei benefici delle diverse possibili soluzioni, ecc.) sono un requisito ex ante della partecipazione.

Un aspetto da non sottovalutare sull’argomento partecipazione e nuova organizzazione di partito è quello digitale.

In generale, il tema dei nuovi mezzi di comunicazione digitale, in particolare i social network e altri mezzi, i cosiddetti ICT (Information and Comunication Technologies) richiama la concezione, o spesso i miti, che stanno accompagnando la cosiddetta E-Democracy.

Non dobbiamo far diventare gli ICT gli unici mezzi attraverso i quali confrontarsi, ma come strumenti per la creazione di un nuovo spazio pubblico discorsivo.

La rete offre straordinari strumenti per allargare e velocizzare la circolazione delle idee e delle opinioni, ma non può essere una rete “parallela” e non comunicante con l’altra rete, fondamentale per questo diverso modello di partito, quella associativa e collettiva, organizzando il partito in forum tematici coordinati forum organizzati anche attraverso ICT poiché non sempre è possibile per le persone spostarsi a livello regionale se non addirittura provinciale.

La teoria deliberativa si basa sull’idea che le decisioni negli organismi dirigenti vengano prese attraverso discussioni pubbliche, secondo il principio della massima “inclusività”, i cui cardini essenziali devono essere imparzialità, parità ed eguaglianza. Queste discussioni pubbliche si dovrebbero fondare sulle logiche trasformative, cioè sulla costruzione di spazi in cui si possano sviluppare gli argomenti ed in cui si discute con procedure regolate e strutturate, spazi in cui si possano confrontare i diversi punti di vista su un problema, in cui si possa costruire un processo di apprendimento collettivo ed in cui si possa anche verificare un processo di mutamento delle opinioni e dei giudizi iniziali, processi e discussioni che esulano quindi dal correntismo.

Si può arrivare alle decisioni in due modi o attraverso la negoziazione tra le diverse posizioni o attraverso un voto. In un caso o nell’altro l’importante è che tutti si sentano compartecipi della decisione e che possano riconoscere il fatto che si sia discusso della loro opinione e che la si sia presa in considerazione.

Attraverso tutto ciò si incide sulla qualità democratica della deliberazione che porta ad una maggiore legittimazione della decisione finale, ma questo comporta anche un effetto non secondario: l’abolizione o il contenimento dell’esplicarsi delle posizioni correntizie sui mezzi di informazione che troppo spesso danno una visione atomizzata di un partito politico e di conseguenza generano nell’opinione pubblica confusione e difficoltà nell’individuazione di una linea unica.

Portando avanti questo modello di partito, basato sul modello deliberativo, si vuole trovare il miglior antidoto al partito basato sulla visione plebiscitaria della democrazia.

L’organizzazione del partito dovrà assumere come modello quello della comunicazione organizzativa, che ha funzione motivazionale, valoriale , organizzativa e socio-relazionale che è l’insieme dei processi di creazione e diffusione di informazione e di messaggi entro e tra le diverse reti di relazioni interne ed esterne all’organizzazione coinvolgono i membri interni, i collaboratori esterni e tutti i soggetti interessati e coinvolti nella vita dell’organizzazione.

Tale modello, a prima vista, può sembrare che condanni il partito all’impotenza, ma se si analizza più attentamente sta proprio nelle procedure di decisione collettiva descritte prima (tra cui i tempi certi della discussione), la chiave di volta per impedire questo immobilismo .

La costruzione di un nuovo soggetto politico unitario della sinistra è un lavoro duro, che ha bisogno dell’amore delle persone, ma che entro uno due anni, però, riporterebbe la sinistra ad avere una vera rappresentanza nella società e che parlerebbe a tutte le categorie economiche e sociali senza abdicare al suo ruolo ed ai suoi principi, perché mi rifiuto di pensare ad una sinistra che parli solo a piccole porzioni di società, immagino una sinistra che parli ai lavoratori, ai disoccupati di ogni fascia di età e non solo quella giovanile, alle forze dell’ordine, alle piccole e medie imprese, ai professionisti senza quegli steccati ideologici che oggi non hanno più senso.

Come ha scritto un iscritto all’associazione Net Left in Sicilia, Bisogna apportare linfa nuova all’albero antico della Sinistra, usando un linguaggio nuovo ed interpretando i bisogni delle persone, solo così la Sinistra tornerà ad essere una grande folla in marcia, altrimenti, rimarrà quello che è attualmente, una miriade di stati maggiori, formato da generali, ammiragli, senza nessun esercito

Tutto quello che è stato rappresentato finora, prefigura un modello di partito che abbia l’ambizione di porre in essere una visione alta e coinvolgente della partecipazione e della rappresentanza I partiti possono tornare ad essere, in forme moderne, un luogo della partecipazione politica:

partecipazione dei cittadini attraverso i partiti, ma anche partecipazione dei cittadini nei partiti.

 

Luca Lecardane Associazione Nazionale Net Left

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